Dridhini valle me haré
Intrecciate ridde con gioia
“…gëzoi dita e kálthërëz “…gioì
il cielo azzurro
vallevét’ kopilevet…”* ai balli in
girotondo delle ragazze…”
Girolamo de Rada Girolamo De Rada
Era alla fine della prima metà degli Settanta, erano
altri tempi, ero un ragazzino, la prima volta, che mi trovai, prima a
Frascineto (Frasnita in lingua
arbëreshe) e poi a Civita (Çifti),
paesi situati ai piedi del massiccio del Pollino sul versante calabrese. Era il
pomeriggio di Martedì di Pasqua, proprio come oggi e, più o meno, a quest’ora,
che sto scrivendo. E, nei rispettivi centri storici di questi due centri urbani
arbëreshë, tante persone, che indossavano i vari costumi tradizionali e
scandivano rapsodie, mi incantarono e mi fecero comprendere l’importanza di non
trascurare le proprie radici e il senso della Vëllàmja (Fratellanza), tanto caro a questo popolo proveniente dai
Balcani. È uno dei ricordi più emozionanti della mia vita, anche per
l’atmosfera che viveva; veramente di rara
bellezza, quindi una mera “opera
d’arte”!
Emozionante, quasi allo stesso modo,
fu una edizione dei primissimi anni Ottanta, quando, insieme ad altri amici,
andammo con una troupe svizzera, coordinata dall’attore, regista e scrittore
arbëresh, Francesco Micieli, attualmente professore all’Università di Berna, il quale
stava scritturando un film sul mondo arbëresh, e pur avendo chiesto, ai vari
enti, una cifra irrisoria per finanziare un lungometraggio di tale portata,
questa richiesta non venne presa nemmeno in considerazione. Perdendo così, tutta
la nostra comunità, una grande occasione, per le varie ragioni che è semplice
immaginare!
In seguito, sono tornato altre volte,
perché è sempre piacevole esserci, però, siccome preferisco staccarmi dalle
varie manifestazioni, per meglio gustarle, da alcuni anni, non mi sono recato
in quei luoghi ameni, in occasione di questo magico evento. E quest’anno che
sentivo l’esigenza di respirare quell’atmosfera, di ascoltare le antiche
rapsodie, che parlano di un’epoca che non esiste più, ma è sempre presente
dentro a chi appartiene all’etnia arbëreshe e parla e comprende una lingua
profonda come il mare e intima come le montagne dei Balcani, e come risaputo nella lingua abita l’essere, un nemico
invisibile me lo ha impedito e non solo a me!
Se tutti quanti, senza esitare e senza paura,
saggiamente seguiranno le prescrizioni che conosciamo, l’anno prossimo, per
dirlo con le parole di Bernardo Bilotta, dridhmi
vallet me haré! (intrecceremo danze con gioia!).
RROFTË
VALLJA
RROFTË
ARBËRIA
VIVA
LA VALLJA
VIVA
L’ARBËRIA
Lucio Franco Masci
A Gianni, Gianni Belluscio
E a chi? Se non a Lui?!
*Girolamo De Rada Opera Omnia II Canti di Milosao
Edizione
critica e traduzione italiana a cura di FRANCESCO ALTIMARI
San
Demetrio Corone - 2017 - pag. 117
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